22 agosto 2016, ore 21:30
DATI TECNICI:
Regia: Peter Marcias
Cast: Francesca Neri, Moise Curia, Giancarlo Catenacci, El Moudden Ahmed, M’Kaddem Abdellatif
Anno di produzione: 2015
Durata: 80′
Genere: drammatico
Paese: Italia
Trama
A Cagliari, del tutto inascoltata (così almeno parrebbe), va avanti nel porto della città la protesta di una quindicina di marinai marocchini che occupano la Kenza, la nave nella quale viaggiano/vivono/lavorano, in segno di protesta per il mancato pagamento dei loro stipendi (risalenti niente meno che al dicembre dell’anno prima). Una lunga e dolorosa quarantena fatta di resistenza e di rabbia, di cui si vuole occupare il giovane studente universitario Salvatore (Moise Curia), trovando l’incontro e lo scontro della sua docente Maria Mercadante (Francesca Neri). Non sarà solo un “compito a casa” ma una vera e propria esperienza di vita che porterà il protagonista a una brutale e caotica presa di coscienza, fra condizioni generali di vita degli italiani, l’assenza del lavoro, la necessità di abbandonare dell’Italia e poi paure, solitudini e collera.
Tratto da fatti realmente accaduti (che con cura documentaristica sono stati presi “a caldo” e non ricostruiti), il sesto film di Peter Marcias racconta, compenetrando fiction e documentario in maniera asciutta e tagliente (come i volti dei protagonisti erosi dal maestrale e affilati dal mare), la cocente delusione di vita di un mondo di lavoratori e (forse) futuri lavoratori, schiacciati da un ineluttabile destino, dove la dignità, messa in luce sotto il rumore delle onde del mare e il vociare di rumori metallici, cerca di resistere ai tempi attuali, sotto forma di dissenso.
Marcias declina, e non è la prima volta che lo fa, verso una descrizione cruda, poetica, filosofica, sociale, di un microcosmo le cui fondamenta tremano o sono già crollate. Un’analisi non banale, taciturna e perplessa su chi sembra vivere “agli estremi” della società, suo malgrado. La nostra quarantena, insomma, è un film “pubblico” e dal notevole potenziale artistico, in cui la composizione molto pulita delle inquadrature rivela aspetti rivelanti della realtà odierna, che ha perduto totalmente il suo senso sociale e cerca un’altra armonia, magari nella libera espressione del lavoro di un comune cittadino del mondo. Tanti gli stimoli che produce e le domande che nascono dalla visione. Come rispondere alla crisi? Dobbiamo adattarci?
Dobbiamo affrontare le ingiustizie con la protesta? Dove nasce la sicurezza esistenziale? Ma anche come comunicare questo malessere? Come intraprendere un cammino di felicità? Riflessioni alle quali lo stesso Marcias sembra non poter e non voler dare una risposta. Lo spettatore dovrà trovarla da sé.
Ottima la fotografia di Alberto López Palacios, Luca Silvagni e Maurizio Crepaldi, che rende l’idea di quanto cocente e brulla possa essere la città di Cagliari, sospesa fra squarci industrial-marini e spiagge e mare fino a perdita d’occhio. Forse qualche modifica al cast (di quello “recitante” e di secondo piano) avrebbe giovato non poco (non tutti sono baciati dalla musa Melpomene, soprattutto fra i più giovani, e la scena della spiaggia dei tre ragazzi ne è un esempio), ma fra tutti spiazza per totale coinvolgimento il protagonista, che quasi ruba la scena alla bella veterana Neri in vibranti scene dialettiche. Si apprezza anche la presenza delle Lucido Sottile, Tiziana Troja e Michela Sale Musio, uniche rappresentanti del Teatro Sperimentale sardo, che qui interpretano le due suorine dalla risata facile.
BIOGRAFIA
Peter Marcias nasce ad Oristano il 5 Dicembre 1977 studia sceneggiatura a Roma e a Bologna, diplomandosi in regia cinematografica alla Scuola Superiore di Cinema di Barbarano Romano (Viterbo). Realizza numerosi spot, documentari e cortometraggi presentati nei festival nazionali ed internazionali tra cui Olivia (2003), Il canto delle cicale (2004) e Antonio Romagnino (2005) ritratto del grande scrittore cagliaritano. Nel 2008 realizza il suo primo lungometraggio a soggetto, firmando lo sperimentale, ambizioso e interessante Un attimo sospesi (2008) con Paolo Bonacelli, Ana Caterina Morariu e Fiorenza Tessari, che racconta l’incrocio fra le vite di cinque persone fobiche, bizzarre, sociali e distratte. Contento di questa esperienza firma, nel 2011, I bambini della sua vita con Piera Degli Esposti, il suo secondo film. Nel 2012 esce invece Dimmi che destino avrò, che affronta il difficile tema dell’integrazione tra culture diverse. Peter Marcias nei suoi lavori racconta ”quel mistero che è il mondo e i rapporti umani, fra inni religiosi e ballate omosessuali, i bambini come rappresentazione di un amore infinito e tragici squarci di vita cittadina, lontana dalla ruralità. Parte della sua bravura sta sicuramente nell’andare fino in fondo all’anima, in quella profondità impossibile, capace di raggiungere le tenebre dei sentimenti che sono alla base di chiunque, sardo e non. Lì, evoca il calore di una (com)passione sovrumana e si innalza, giudicando, giudicandoci e giudicandosi.”